Partiti!
Questa volta non abbiamo preso nessun aereo per arrivare a destinazione. La meta rappresentava l'inizio dell'avventura olimpica e l'attesa delle ultime ore è stata straziante. Come mi capita spesso prima di un appuntamento importante, uno per cui decido di giocarmi tutte le carte a disposizione, sono uscito per fare due passi e liberare la mente consapevole di aver fatto tutto (o quasi) per l'obiettivo finale. Questa volta però la passeggiata sulle spiagge di Flamengo e Botafogo mi ha dato una carica in più: il luoghi suggestivi con le viste su Pan di Zucchero e Corcovado mi hanno permesso di realizzare che ero al posto giusto al momento giusto.
Nonostante le critiche di molti e lo scetticismo di altri, Rio si sta mettendo in gioco e la quotidianità della città rappresenta la cartina tornasole dell'esperienza olimpica. Sicuramente "non è tutto oro ciò che luccica" e i problemi organizzativi non mancano ma senza dubbio nella metropoli brasiliana lo sport è quotidianità, rientra nei programmi giornalieri delle persone e la città fornisce le risorse necessarie per soddisfare questo desiderio dei carioca. Durante la mia passeggiata ho incontrato vere e proprie palestre a cielo aperto, oltre ai numerosi campi da calcio, beach volley, tennis e svariate discipline sportive.
Ma veniamo al dunque. L'ora X è ormai giunta e con una carica di adrenalina fuori norma ho indossato l'uniforme e via in metro verso lo Stadio Olimpico. L'ultima mezzora a casa in attesa di uscire è stato un saltellare a destra a sinistra come un bimbo fuori da Gardaland che non vede l'ora che aprano i cancelli per rendervi l'idea.
Fuori dallo stadio non capivo già più niente ma presto mi resi conto che non ero il solo a provare le stesse sensazioni. Una volta fatto il check-in e ricevuto il buono pasto siamo entrati nei locali interni dello stadio in cui il coordinatore dell'area funzionale "Field of Play" ci ha indicato le linee guida dei locali in cui presteremo servizio. Quindi: call room, mixed zone, athletes seating area e poi i percorsi da fare in compagnia del cestino con il materiale degli atleti.
Sono quindi entrato in azione e in compagnia di Vivi, una volontaria tedesca con un passato da saltatrice con l'asta, ho ricoperto un ruolo tutto particolare. Siamo nella "Athletes seating area", nient'altro che la zona tribune dopo il rettilieno d'arrivo riservata esclusivamente ad atleti, coach e team leader che vogliono guardare le gare. Il nostro ruolo era quello di permettere l'accesso solo agli atleti e fermare le centinaia di spettatori che provavano ad imbucarsi nella zona che offriva una gran vista delle competizioni e la bella compagnia di qualche atleta di fama internazionale. L'atmosfera olimpica ha fatto ancora una volta la differenza e, al di là delle carenze organizzative e delle lingue, abbiamo fatto un bel lavoro guardando quando possibile qualche spezzone di gara. Tutto ciò è stato fatto con un elemento imprescindibile del volontario: il sorriso. Fornire a tutti le informazioni necessarie per soddisfare le richieste fatte in tre, quattro lingue diverse non è stato facile, ma farlo con la piena disponibilità e con il sorriso stampato in faccia è stato l'elemento vincente.
E diciamolo pure far passare atleti del calibro di Vashti Cunningham, campionessa mondiale indoor di salto in alto, o l'ostacolista australiana Michelle Jenneke (quella della pubblicità di Coca Cola) ha suscitato una qualche emozione fuori dal comune. E ancora il coach di Mutaz Barshim (uomo da 2.43m nel salto in alto) e la velocista tedesca Pinto. In tutto ciò un coach USA si è fermato a scambiare due parole con noi ringraziandoci per il servizio e ragalandoci le ricercatissime spillette della federatletica americana (USAFT), non male. Nel mentre l'occhio cadeva sul campo e perchè non guardarsi le batterie dei 400m?
Dopo circa cinque ore di servizio è giunta l'ora della cena nella mensa e a seguire abbiamo sfruttato al meglio la pausa andando sul rettilineo finale per goderci le batterie dei 100m femminili con le jamaicane Thompson e Fraiser-Pryce scatenate insieme all'americana Tori Bowie e alla campionaessa europea Dafne Schippers. Lo stadio si è infiammato con il passaggio del turno della brasiliana Santos che ha chiuso di fatto la prima serata di gare. Dirigendomi verso l'uscita ho concluso con un selfie in compagnia di Wayde Van Niekerk, il sudafricano campione del mondo dei 400m lo scorso anno a Pechino.
Veramente tanta roba. Oggi giorno di riposo, da domani si attacca con sette sere di finali pronte ad accendere l'entusiasmo che solo un Olimpiade può regalare.
Questa volta non abbiamo preso nessun aereo per arrivare a destinazione. La meta rappresentava l'inizio dell'avventura olimpica e l'attesa delle ultime ore è stata straziante. Come mi capita spesso prima di un appuntamento importante, uno per cui decido di giocarmi tutte le carte a disposizione, sono uscito per fare due passi e liberare la mente consapevole di aver fatto tutto (o quasi) per l'obiettivo finale. Questa volta però la passeggiata sulle spiagge di Flamengo e Botafogo mi ha dato una carica in più: il luoghi suggestivi con le viste su Pan di Zucchero e Corcovado mi hanno permesso di realizzare che ero al posto giusto al momento giusto.
Nonostante le critiche di molti e lo scetticismo di altri, Rio si sta mettendo in gioco e la quotidianità della città rappresenta la cartina tornasole dell'esperienza olimpica. Sicuramente "non è tutto oro ciò che luccica" e i problemi organizzativi non mancano ma senza dubbio nella metropoli brasiliana lo sport è quotidianità, rientra nei programmi giornalieri delle persone e la città fornisce le risorse necessarie per soddisfare questo desiderio dei carioca. Durante la mia passeggiata ho incontrato vere e proprie palestre a cielo aperto, oltre ai numerosi campi da calcio, beach volley, tennis e svariate discipline sportive.
Ma veniamo al dunque. L'ora X è ormai giunta e con una carica di adrenalina fuori norma ho indossato l'uniforme e via in metro verso lo Stadio Olimpico. L'ultima mezzora a casa in attesa di uscire è stato un saltellare a destra a sinistra come un bimbo fuori da Gardaland che non vede l'ora che aprano i cancelli per rendervi l'idea.
Fuori dallo stadio non capivo già più niente ma presto mi resi conto che non ero il solo a provare le stesse sensazioni. Una volta fatto il check-in e ricevuto il buono pasto siamo entrati nei locali interni dello stadio in cui il coordinatore dell'area funzionale "Field of Play" ci ha indicato le linee guida dei locali in cui presteremo servizio. Quindi: call room, mixed zone, athletes seating area e poi i percorsi da fare in compagnia del cestino con il materiale degli atleti.
Sono quindi entrato in azione e in compagnia di Vivi, una volontaria tedesca con un passato da saltatrice con l'asta, ho ricoperto un ruolo tutto particolare. Siamo nella "Athletes seating area", nient'altro che la zona tribune dopo il rettilieno d'arrivo riservata esclusivamente ad atleti, coach e team leader che vogliono guardare le gare. Il nostro ruolo era quello di permettere l'accesso solo agli atleti e fermare le centinaia di spettatori che provavano ad imbucarsi nella zona che offriva una gran vista delle competizioni e la bella compagnia di qualche atleta di fama internazionale. L'atmosfera olimpica ha fatto ancora una volta la differenza e, al di là delle carenze organizzative e delle lingue, abbiamo fatto un bel lavoro guardando quando possibile qualche spezzone di gara. Tutto ciò è stato fatto con un elemento imprescindibile del volontario: il sorriso. Fornire a tutti le informazioni necessarie per soddisfare le richieste fatte in tre, quattro lingue diverse non è stato facile, ma farlo con la piena disponibilità e con il sorriso stampato in faccia è stato l'elemento vincente.
E diciamolo pure far passare atleti del calibro di Vashti Cunningham, campionessa mondiale indoor di salto in alto, o l'ostacolista australiana Michelle Jenneke (quella della pubblicità di Coca Cola) ha suscitato una qualche emozione fuori dal comune. E ancora il coach di Mutaz Barshim (uomo da 2.43m nel salto in alto) e la velocista tedesca Pinto. In tutto ciò un coach USA si è fermato a scambiare due parole con noi ringraziandoci per il servizio e ragalandoci le ricercatissime spillette della federatletica americana (USAFT), non male. Nel mentre l'occhio cadeva sul campo e perchè non guardarsi le batterie dei 400m?
Dopo circa cinque ore di servizio è giunta l'ora della cena nella mensa e a seguire abbiamo sfruttato al meglio la pausa andando sul rettilineo finale per goderci le batterie dei 100m femminili con le jamaicane Thompson e Fraiser-Pryce scatenate insieme all'americana Tori Bowie e alla campionaessa europea Dafne Schippers. Lo stadio si è infiammato con il passaggio del turno della brasiliana Santos che ha chiuso di fatto la prima serata di gare. Dirigendomi verso l'uscita ho concluso con un selfie in compagnia di Wayde Van Niekerk, il sudafricano campione del mondo dei 400m lo scorso anno a Pechino.
Veramente tanta roba. Oggi giorno di riposo, da domani si attacca con sette sere di finali pronte ad accendere l'entusiasmo che solo un Olimpiade può regalare.